Alain Robbe-Grillet


Tra i principali esponenti della corrente letteraria del Nouveau roman , lo scrittore e regista francese Alain Robbe-Grillet (1922-2008) affermò l’idea di una letteratura concepita nei limiti ossessivi della descrizione e della pura oggettività antiromanzesca, secondo quei principi del rifiuto del personaggio e dell’intreccio nettamente riconducibili all’École du regard e da Robbe-Grillet portati fino all’estremo limite del trionfo della pura esteriorità. Al cinema si è accostato dapprima come sceneggiatore e poi come regista ritenendolo mezzo congeniale per esprimere tale ‘poetica dello sguardo’, volta all’indiscriminata registrazione dei fatti, pur senza ottenere con le sue prove cinematografiche il seguito riscontrato in letteratura.

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Le gomme

(Les gommes, 1953)

Alain Robbe-Grillet

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Un’immagine dal film “Trans-Europ-Express” (1966) di Alain Robbe-Grillet

Il primo romanzo di Alain Robbe-Grillet (1922-2008), scrittore e regista francese, ha la forma esteriore di un polar, quello che in Italia chiamiamo “giallo” — meglio ancora, un “romanzo a enigma” secondo la classificazione che Cvetan Todorov opera nel genere poliziesco. Todorov distingue tra nero, suspense e romanzo a enigma. In Le gomme c’è quindi un delitto, c’è un detective e un assassino; manca però la vittima, e il detective è chiamato a scoprire proprio questo.

Il protagonista è l’investigatore Wallas, inviato dalla capitale con l’incarico di indagare sul tentativo d’assassinio di Daniel Dupont, professore di economia. Si sa che l’aggressore, Garinati, è un semplice manovale del crimine che agisce per conto di un’organizzazione terrorista, forse anarchica, guidata da un certo Bona. Il piano eversivo consisterebbe nell’eliminare alcune personalità per una serie di giorni successivi, alla medesima ora.

Per ragioni di opportunità, la polizia lascia credere che Dupont sia deceduto nella clinica dove è stato ricoverato, come da notizia apparsa sulla stampa locale; in realtà è ferito in modo lieve, e si nasconde nell’ospedale in attesa di essere prelevato dall’intelligence. L’azione si svolge nell’arco di ventiquattr’ore, dalle 7:30 alla stessa ora del giorno successivo, in una città indeterminata, e con spostamenti che ricordano un movimento circolare, come se l’autore cercasse di confondere il lettore. E questa circolarità si chiude il giorno dopo quando Wallas, appostato nell’ufficio della vittima, scopre che qualcuno tenta di introdursi e gli spara, uccidendolo: ma si tratta del professor Dupont, passato a prendere alcuni documenti prima di lasciare per precauzione la città. Il cerchio si chiude, il delitto ha finalmente un cadavere; l’orologio di Wallas, che si era inspiegabilmente fermato alle 7:30 del giorno precedente, riprende a funzionare. Il tempo si rimette in moto, l’ordine causa-effetto è ricomposto.

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Kamila Shamsie


La scrittrice Kamila Shamsie (1973- ) è nata a Karachi, in Pakistan. Il suo primo romanzo, In the city by the sea, è stato selezionato per il Mail on Sunday/John Llewellyn Rhys Prize e il secondo, Sale e zafferano, le è valso un posto nella lista di Orange dei “21 scrittori per il XXI secolo”. Nel 1999 Kamila ha ricevuto il Premio del Primo Ministro per la letteratura in Pakistan. Il suo terzo romanzo, Kartografia, esplora il rapporto teso tra le anime gemelle Karim e Raheen, sullo sfondo della violenza etnica.

Kamila Shamsie vive tra Londra e Karachi. Ha conseguito un diploma in scrittura creativa presso l’Hamilton College di Clinton, New York, dove ha anche insegnato scrittura creativa, e una laurea presso l’Università del Massachusetts, Amherst. Scrive anche per The Guardian, The New Statesman, Index on Censorship e Prospect magazine e in diversi programmi radiofonici.

Tra i suoi romanzi ricordiamo Versi spezzati (2005), e Ombre bruciate (2009), una narrazione epica che ha ottenuto una shortlist per l’Orange Prize for Fiction 2009, e A god in every stone (2014). Il suo settimo romanzo, Io sono il nemico (2017), è stato inserito nella longlist del Man Booker Prize, nella shortlist del Costa Novel Award e ha vinto il Women’s Prize for Fiction nel 2018.

(biografia tratta dal sito del British Council)

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Kartografia

(Kartography, 2001)

Kamila Shamsie

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Karachi

La storia inizia nel 1986, quando la giunta militare in Pakistan permette il rientro in patria di Benazir Bhutto, figlia dell’ex primo ministro assassinato durante un colpo di stato. I protagonisti sono due tredicenni che vivono a Karachi, Karim e Raheen, cresciuti insieme come se fossero fratello e sorella; per allontanarli dai violenti scontri etnici che sconvolgono alcuni quartieri della capitale, durante le vacanze invernali vengono mandati dai genitori in campagna, a casa dello zio Asif, proprietario terriero latifondista che in gioventù, quando studiava a Oxford, era stato marxista.

Qualche anno fa Raheen ha scoperto che i suoi genitori e quelli di Karim a un certo punto hanno “invertito” le coppie: suo padre Zafar era un tempo fidanzato con Maheen, la madre del ragazzo, immigrata dal Bengala, mentre sua madre Yasmin era insieme a quello che lei adesso chiama zio Ali, il padre di Karim.

A alimentare la sua curiosità sono una fotografia trovata a casa degli zii in campagna, oltre alle iniziali di nomi incise sul tronco di un albero, che testimoniano quell’altra vita che lei non riesce a immaginare.

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Orhan Pamuk


Lo scritture turco Orhan Pamuk (1952 – ) ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 2006. Appartenente a un’agiata famiglia borghese laica, progressista e di fede dichiaratamente kemalista, P. ha nutrito sin dall’adolescenza una grande passione per la letteratura e la pittura. Dopo essersi diplomato nel 1970 al Robert College, l’elitario liceo americano di Istanbul, si è iscritto, per volere della famiglia, alla facoltà di Architettura dell’İstanbul Teknik Üniversitesi, abbandonata poi tre anni più tardi con l’intenzione di dedicarsi completamente alla scrittura.

Acclamati e tradotti in circa quaranta lingue, i suoi romanzi hanno ricevuto prestigiosi premi in Turchia e all’estero (in Italia il premio Grinzane Cavour 2002). Il rifiuto del titolo di artista di Stato nel 1998 e le sue numerose dichiarazioni su diritti delle minoranze e libertà di espressione hanno continuato, tuttavia, a suscitare in Turchia un controverso dibattito e forti reazioni politiche, culminate nel 2005 con l’imputazione, da cui è stato poi prosciolto nel gennaio 2006, di aver pubblicamente offeso l’identità turca.

(tratto da Enciclopedia Treccani)

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Il museo dell’innocenza

(Masumiyet Müzesi, 2008)

Orhan Pamuk

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Il Museo dell’Innocenza in Çukurcuma Caddesi, Istanbul

Lo scrittore turco Orhan Pamuk ha portato avanti la scrittura di questo romanzo in parallelo con la fondazione del Museo dell’Innocenza, in una via del centro di Istanbul: una raccolta di oggetti e immagini che raccontano la vita della metropoli turca tra gli anni Settanta e l’inizio del nuovo secolo. Il museo contiene ogni oggetto che sia stato “utilizzato, indossato, sentito, visto, raccolto e sognato, il tutto meticolosamente disposto in scatole e vetrine”, per un totale di circa mille pezzi.

Nel romanzo si fa continuo riferimento al Museo, che il protagonista Kemal ha intenzione di fondare.

La storia inizia nel 1975, in una Istanbul lacerata dalle lotte di strada fra formazioni di sinistra e destra, e sotto la continua minaccia di un golpe militare. Il protagonista Kemal è il rampollo secondogenito di una famiglia dell’alta borghesia occidentalizzata; il padre è proprietario di una fabbrica, lui stesso è stato messo a capo di un’azienda con diversi dipendenti. I suoi amici sono tutti nel giro delle classi alte. Kemal è fidanzato con la bella Sibel, con la prospettiva di un lussuoso matrimonio e una vita negli agi.

Tuttavia un giorno riconosce nella giovane commessa di un negozio d’abbigliamento, dove è entrato per acquistare una borsa da regalare alla fidanzata, una lontana parente che lui ricordava ancora bambina: è Füsun, ora diciottenne e bellissima ragazza.

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James G. Ballard


Lo scrittore britannico James Graham Ballard (1930-2009) esordisce nel 1956 come autore di fantascienza, e tale rimane fino alla pubblicazione di La mostra delle atrocità. Malgrado abbia pubblicato negli anni Sessanta una tetralogia di romanzi in cui immagina che la fine della civiltà umana provenga ogni volta da uno dei quattro elementi delle cosmogonie classiche, ha espresso il meglio della propria scrittura nei racconti: è infatti nelle storie di lunghezza limitata che trova il compimento più esemplare la sua poetica dell’inner space, dello spazio interiore, come ambito di indagine letteraria in opposizione all’outer space, lo spazio esterno al sistema solare che era invece lo scenario preferito della fantascienza dell’epoca.

Al centro della sua opera c’è l’impatto del futuro sull’uomo, il lato oscuro del sense of wonder: non per nulla i suoi paesaggi alieni sono debitori, con le loro geometrie di ombre nette nella luce solare, angoli retti, forme stampate sullo sfondo orizzontale di uno scenario desolato, del surrealismo di De Chirico.

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I segreti di Vermilion Sands

(Vermilion Sands, 1971)

James G. Ballard

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La copertina della prima edizione originale

Vermilion Sands è una immaginaria località di riviera che si trova da qualche parte “tra l’Arizona e la spiaggia di Ipanema”, come scrive Ballard stesso nella prefazione all’edizione in volume 1971, “ma in questi ultimi anni mi sono compiaciuto di vederla spuntare un po’ dovunque, e soprattutto in qualche settore della città lineare, lunga cinquemila chilometri, che si stende da Gibilterra alla spiaggia di Glyfada lungo le coste settentrionali del Mediterraneo.” Vermilion Sands è la località utopica ideale di un’umanità futura che Ballard immagina sdraiata al sole, una società del tempo libero perché affrancata dalla schiavitù del lavoro imposta della modernità. È questa la ragione per cui le arti hanno tanta importanza nella trama dei racconti.

I nove racconti di Vermilion Sands sono storie di grande bellezza, il tentativo di creare un mito letterario intorno a questa immaginaria città di un immaginario futuro, tutt’altro che distopico, nel quale le arti, da sempre figlie di un dio minore nella letteratura di fantascienza, hanno un’importanza fondamentale. Le storie sono pubblicate in originale in un arco di tempo che va dal 1956 (Prima Belladonna) al 1970 (Addio al vento), ma possiedono un nucleo estetico unitario molto compatto. La struttura dei singoli racconti si ripete all’interno di uno schema preciso: il narratore/punto-di-vista è un uomo, di solito attirato a Vermilion Sands dal milieu artistico che gravita intorno a questa città artificiale; la protagonista invece è sempre una donna, una figura femminile dalla psicologia inaccessibile (riflesso narrativo dal peculiare rapporto dell’autore, rimasto vedovo ancora giovane, con le donne, che ama come se fossero esseri alieni).

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Sally Rooney


Le opere di Sally Rooney (1991- ) hanno ottenuto il plauso della critica e il successo commerciale; è considerata una delle più importanti scrittrici millennial. Time l’ha nominata tra le cento persone più influenti al mondo nel 2022. Rooney è nata a Castlebar, nella contea di Mayo, dove è anche cresciuta e dove vive tuttora, dopo aver studiato al Trinity College di Dublino, e per un periodo anche a New York City. Ha iniziato (ma non completato) un master in politica, completando invece una laurea in letteratura americana, e si è laureata con un master nel 2013.

Le sue prime opere pubblicate sono state due poesie inviate a una rivista quando frequentava la scuola secondaria. Ha iniziato a scrivere costantemente alla fine del 2014. Ha completato il suo romanzo d’esordio, Parlarne tra amici, mentre studiava per il master in letteratura americana. Nel 2015, il suo saggio “Even If You Beat Me” (Anche se mi batti), che parla del suo periodo come “competitive debater” nelle università europee, è stato notato da un’agente letetraria, Tracy Bohan. Bohan fece corcolare il manoscritto del primo romanzo tra gli editori, ricevendo sette offerte.

Rooney si definisce femminista e marxista; entrambi i suoi genitori le hanno inculcato valori socialisti. Ha dichiarato che il suo lavoro ha un carattere marxista. Alcuni critici letterari hanno criticato questo aspetto: Madeleine Schwartz della New York Review of Books ha detto delle opere di Rooney che “la sua politica è per lo più gestuale”; Becca Rothfeld della rivista letteraria The Point ha scritto che il marxismo di Rooney non è altro che “postura alla moda” e ha definito la sua opera “letteratura santificante” che è “piena di autopromozione e di esibizione di opinioni performativamente giuste”.

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Dove sei, mondo bello

(Beautiful world, where are you, 2021)

Sally Rooney

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Immagine da “Normal people”, serie in 12 puntate tratta da “Persone Normali” di Sally Rooney

Sull’istinto del bello però credo che ti sbagli. Gli esseri umani l’hanno smarrito con il crollo del Muro di Berlino. Non intendo tornare a discutere sulla questione, ma con la morte dell’Unione Sovietica è morta anche la storia. Penso al ventesimo secolo come a una lunga domanda, cui alla fine abbiamo dato la risposta sbagliata. Non credi che siamo bambini sfortunati, a essere venuti al mondo quando questo finiva? In seguito per il pianeta non c’è più stata speranza, e nemmeno per noi. O forse era solo la fine di una civiltà, la nostra, e in futuro a un certo punto un’altra la sostituirà. In tal caso, ci troviamo nell’ultima stanza illuminata prima delle tenebre, testimoni di qualcosa.

Il terzo romanzo della scrittrice irlandese Sally Rooney (1991- ), che fa seguito al grande successo dei primi due soprattutto nei paesi di lingua anglosassone, racconta la relazione sentimentale-sessuale di due coppie, ma contiene anche flessioni sull’arte e la letteratura, esplicitate nelle e-mail che si scrivono le due protagoniste femminili, alternate ai capitoli di narrazione.

Una giovane scrittrice irlandese di recente successo, Alice Kelleher (che sembra avere molti punti biografici di contatto con l’autrice) si trasferisce a vivere in una cittadina sulla costa orientale dell’isola, dopo una crisi personale che l’ha portata al ricovero in un reparto psichiatrico.

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