Basta una semplice occhiata alla storia della letteratura del Novecento per accorgersi di un fatto singolare: sembra che il cruciale salto dal moderno al postmoderno sia avvenuto con un passaggio di testimone all’interno di un gruppo di scrittori di lingua inglese ma di nazionalità irlandese. Con l’irlandese James Joyce la letteratura modernista raggiunge la propria vetta; più oltre, per dirla con Umberto Eco[1], l’avanguardia non può andare, perché è una via che conduce al silenzio.
Il primo autore in ordine cronologico contenuto in questa guida è il dublinese Flann O’Brien, e l’anello di congiunzione tra il moderno e il post- è l’irlandese Samuel Beckett; sembra in effetti che si chiuda un cerchio tra i confini d’Irlanda.
Samuel Beckett (1906-1989) è conosciuto soprattutto per il “teatro dell’assurdo” (Théatre de l’absurde), ma è anche autore di un gruppo di sei romanzi che segnano il confine tra l’avanguardia e la nuova letteratura: Murphy (1938), Watt (1953), Come è (1961) e la “trilogia” composta da Molloy (1951), Malone muore (1951) e L’innominabile (1953). Al contrario di Joyce, la scrittura di Beckett proclama la propria impossibilità a trovare un senso nel mondo; non è letteratura su qualcosa, non si riferisce a nient’altro che a se stessa. Anzi, scopo della scrittura per Beckett è esattamente riflettere sulla mancanza di significato dell’esistenza.
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