Una pinta d’inchiostro irlandese

(At Swim-Two-Birds, 1939)

Flann O’Brien

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Lo spettacolo teatrale tratto dal romanzo, regia di Niall Henry (2010)

At Swim-Two-Birds è il primo romanzo di Flann O’Brien (1911-1966) interamente composto con personaggi tratti da altri autori: fu decisamente un insuccesso commerciale, ma rappresenta un autentico prototipo di meta-fiction. I suoi protagonisti che si ribellano alla volontà dell’autore non possono non ricordare le opere dell’altro grande irlandese suo contemporaneo, Samuel Beckett, che infatti si annovera tra coloro che apprezzarono l’opera.

L’idea che un libro dovesse avere un solo inizio e una sola fine, non mi convinceva. Un buon libro poteva avere tre inizi completamente diversi, collegati tra di loro soltanto nella prescienza dell’autore, e finire, se necessario, in trecento maniere diverse.

Già nel primo paragrafo il protagonista senza nome e narratore che racconta in prima persona, mette in chiaro che non si tratta di un romanzo come tutti gli altri, e propone tre brevi incipit molto differenti uno dall’altro. Il narratore è uno studente di letteratura inglese che vive in casa con lo zio, il quale gli rimprovera la mancanza di applicazione. Lui in realtà è interessato alla scrittura; sottopone al giudizio di un amico una breve parodia scritta nello stile delle leggende irlandesi, che racconta di Finn McCool, cioè Fionn Mac Cumhaill, invincibile eroe della mitologia, che non a caso appare anche in più di un passaggio del Finnegan’s Wake di Joyce.

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Vicino al cuore selvaggio

(Perto do coraçao selvagem, 1943)

Clarice Lispector

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Lispector con il tocco da laureanda in Giurisprudenza, inizio anni Quaranta

Lispector inizia a scrivere il suo romanzo d’esordio all’età di 22 anni, mentre frequenta la facoltà di Giurisprudenza a Rio de Janeiro e contemporaneamente lavora come giornalista a quotidiano A noite, posto sotto il ferro controllo della dittatura. Intenzionata a pubblicare un romanzo, si trasferisce in una stanza di pensione dove lavora intensamente per un mese.

Il romanzo non ha una trama articolata; è una collezione di ricordi e impressioni di una giovane brasiliana di nome Joana, giocato su due piani: il presente narrativo e il passato, l’infanzia e l’adolescenza, filtrati attraverso la sensibilità della protagonista. Questo andamento disarticolato è dovuto anche al fatto che Lispector annota idee, pensieri e brani su un quaderno, a mano a mano che le vengono in mente. Il linguaggio è ricco, elaborato, la sintassi complessa, colta. Nella scena iniziale, Joana da bambina compone poesie per il padre e gioca in giardino. Per tutta la sua vita, Joana viene considerata aggressiva, ribelle, indomita e per nulla rassegnata al ruolo che la società assegna alle donne. Si lascia andare anche a gesti violenti, poco “femminili”, come tirare un libro in testa a un uomo.

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Dal moderno al postmoderno: Samuel Beckett

Samuel Beckett, ritratto dalla National Portrait Gallery UK

Basta una semplice occhiata alla storia della letteratura del Novecento per accorgersi di un fatto singolare: sembra che il cruciale salto dal moderno al postmoderno sia avvenuto con un passaggio di testimone all’interno di un gruppo di scrittori di lingua inglese ma di nazionalità irlandese. Con l’irlandese James Joyce la letteratura modernista raggiunge la propria vetta; più oltre, per dirla con Umberto Eco[1], l’avanguardia non può andare, perché è una via che conduce al silenzio.

Il primo autore in ordine cronologico contenuto in questa guida è il dublinese Flann O’Brien, e l’anello di congiunzione tra il moderno e il post- è l’irlandese Samuel Beckett; sembra in effetti che si chiuda un cerchio tra i confini d’Irlanda.

Samuel Beckett (1906-1989) è conosciuto soprattutto per il “teatro dell’assurdo” (Théatre de l’absurde), ma è anche autore di un gruppo di sei romanzi che segnano il confine tra l’avanguardia e la nuova letteratura: Murphy (1938), Watt (1953), Come è (1961) e la “trilogia” composta da Molloy (1951), Malone muore (1951) e L’innominabile (1953). Al contrario di Joyce, la scrittura di Beckett proclama la propria impossibilità a trovare un senso nel mondo; non è letteratura su qualcosa, non si riferisce a nient’altro che a se stessa. Anzi, scopo della scrittura  per Beckett è esattamente riflettere sulla mancanza di significato dell’esistenza.

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Flann O’Brien

Flann O’Brien negli anni Cinquanta, © The Irish Times

Flann O’Brien è il nom de plume del giornalista Brian O’Nuallain (1911-1966), che dal 1940 e fino alla morte tiene una rubrica satirica sul quotidiano The Irish Times di Dublino, alternando l’inglese alla lingua irlandese: è conosciuto ai suoi contemporanei più questa che per i romanzi, rimasti incompresi per lungo tempo. O’Nolan lavora per il governo dello Stato Libero d’Irlanda, che ha appena ottenuto l’indipendenza all’interno del Commonwealth a seguito di una dura guerra civile; gli irlandesi in questi anni tendono a un recupero delle tradizioni culturali e folcloristiche autoctone in contrapposizione con la dominazione inglese. La sua scrittura si inserisce idealmente nel solco del suo più famoso connazionale, James Joyce, che diventerà anche uno dei personaggi di un successivo romanzo di O’Brien, L’archivio di Dalkey.

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