(Księgi Jakubowe, 2014)
Olga Tokarczuk
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Questo titolo del 2014 della scrittrice polacca Olga Tokarczuk, premio Nobel 2018, avrebbe senz’altro i requisiti per essere definito romanzo-mondo: 1114 pagine (tra l’altro, numerate al contrario, come un conto alla rovescia da quella più alta e fino alla 1, in omaggio alla scrittura ebraica che si legge da destra a sinistra), un intreccio di trame diverse, schiere di personaggi, un plot lungo e complesso che “rivoluziona l’immagine della vita religiosa nel XVIII secolo” (da una critica apparsa sul quotidiano polacco Gazeta Wyborcza), e un gioco continuo di riferimenti alla realtà del nostro tempo. Tuttavia il lavoro ha un carattere diverso, decisamente più ambizioso: Tokarczuk non vuole ricostruire il passato, bensì cambiarlo. Dal momento che il romanzo storico e la scienza storica condividono la stessa metodologia, anzi secondo l’interpretazione di Linda Hutcheon sono entrambi “narrativa basata su documenti e altro materiale prodotto in passato”, e di conseguenza “La realtà e l’interpretazione della realtà sono la medesima cosa, una nuova ricostruzione del passato equivale a modificarlo.”
Continua a leggere “I libri di Jakub”Il libro è sembrato a molti una sorta di “anti Sienkiewicz” (l’autore del retorico e celebre romanzo nazionale Quo Vadis e della patriottica Trilogia). Per questo è stato acclamato da critici e lettori, ma è stato violentemente attaccato da alcuni circoli nazionalisti polacchi e Olga Tokarczuk è diventata l’obiettivo di una campagna di odio sui social.
Francesco Cataluccio, Il Foglio