l’OuLiPo


L’Ouvroir de littérature potentielle  è un gruppo di ricerca letteraria fondato il 24 novembre 1960 dal matematico François Le Lionnais e dallo scrittore e poeta Raymond Queneau, con l’obiettivo di scoprire nuove potenzialità del linguaggio. Già dal 1948 Queneau e François Le Lionnais si incontravano regolarmente per discutere di cultura e elaborare congetture.

È Le Lionnais a proporre all’amico di creare un laboratorio-seminario di letteratura sperimentale, adottando quell’approccio scientifico al quale si erano riferiti Raymond Roussel, i formalisti russi e pochi altri, però senza scendere nella pratica; questo valse di diritto a Le Lionnais il titolo di “Fresidente pondatore” dell’OuLiPo.

Il nome invece fu proposto da Albert-Marie Schmidt, che nel termine ouvroir , “officina” o “laboratorio”, vedeva un luogo isolato dove le persone lavorano insieme cercando di sviluppare nuove tecniche.

Raymond Queneau definisce l’OuLiPo “in negativo”, mettendo in chiaro ciò che non è:

  • Non è un movimento letterario
  • Non è un seminario scientifico
  • Non è letteratura aleatoria
  • La sua ricerca è ingenua, artigianale e divertente

Il gruppo è famoso anche per i giochi di parole e i calembours matematici, in base al principio che seguire regole matematiche o linguistiche incoraggia soluzioni originali, rompendo con le abitudini.

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La vita. Istruzioni per l’uso

(1978)

Georges Perec

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Schema del palazzo dove è ambientato il romanzo, con gli occupanti dei locali (da Wikipedia in francese)

Per sfuggire all’arbitrarietà dell’esistenza, Perec come il suo protagonista ha bisogno d’imporsi delle regole rigorose (anche se queste regole sono a loro volta arbitrarie). Ma il miracolo è che questa poetica che si direbbe artificiosa e meccanica dà come risultato una libertà e una ricchezza inventiva inesauribili.

Italo Calvino, Lezioni americane

L’esposizione dei motivi narrativi e della struttura serve appena a dare un’idea superficiale del modo in cui il romanzo è pianificato; in realtà questo iper-romanzo è attraversato da motivi letterari, rispecchiamenti, giochi linguistici, coincidenze, simboli che lo rendono un meta-testo difficile da decifrare completamente.

La vita. Istruzioni per l’uso è ambientato in uno stabile della zona residenziale di Parigi, 11 rue Simon-Crubellier, XVII arrondissement: una via che se esistesse taglierebbe a metà il rettangolo delimitato da rue de Chazelles, rue Léon Jost, rue Méderic e rue Jadin. Secondo alcuni, l’autore si sarebbe ispirato nella descrizione dell’edificio al palazzo in cui abitava insieme a amici al n. 16 di rue Charlemagne. Si tratta di un palazzo di dieci piani con dieci vani per ogni piano; nelle parole dell’autore: «Immagino uno stabile parigino cui sia stata tolta la facciata […] in modo che, dal pianterreno alle soffitte, tutte le stanze che si trovano sulla parte anteriore dell’edificio siano immediatamente e simultaneamente visibili». Il romanzo inizia — e finisce, dato che tutte le storie contenute sono divagazioni a partire da questo singolo momento X — qualche minuto prima delle 20 del giorno 23 giugno 1975, cioè pochi attimi dopo il decesso del protagonista nel suo appartamento. Ognuno dei 99 capitoli è ambientata in una diversa stanza, brevemente descritta nello stato in cui si trova nel momento X, e racconta un frammento della vita di chi ci ha vissuto. Siccome le esistenze di molti degli abitanti sono interlacciate, a poco a poco emerge un gigantesco affresco che ruota intorno a un plot affascinante.

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Italo Calvino

Negli anni Sessanta, quando già è famoso e con una quantità di pubblicazioni al suo attivo, Italo Calvino (1923-1985) dà una sterzata decisiva alla propria opera. Malgrado non sia mai stato vicino al realismo, si allontana ulteriormente dallo storicismo sotto l’influsso di letture epistemologiche, tra cui Popper e Wittgenstein.

Frequenta con assiduità i territori della linguistica, della semiotica, dell’antropologia strutturale; cerca sempre più nella dimensione del paradosso, dell’immaginario logico, della precisione allucinata una via per sfuggire al cicaleccio anodino della comunicazione massificata. […] Costruisce testi oltremodo stratificati, si nasconde dietro uno schermo plurimo di narratori fittizi e di dense metafore, fino a rendere quasi irriconoscibili le tracce del proprio «io», come se aspirasse a una sorta di impersonalità, di anonimato.

Claudio Milanini, Introduzione a Romanzi e Racconti, Meridiani Mondadori

Nell’estate 1967 Calvino si trasferisce con la famiglia a Parigi, dove abiterà per tredici anni. Benché conduca una vita lontano dal mondo culturale, entra in relazione con diversi membri dell’OuLiPo come Georges Perec o  Raymond Queneau, del quale traduce in italiano I fiori blu. Questa frequentazione, insieme all’interesse per la scienza e per lo strutturalismo e all’ars combinatoria, su cui tiene alcune lezioni all’università Roland Barthes, è la principale influenza del secondo periodo della sua opera, tra i più compatti e illuminanti esempi di postmoderno della letteratura mondiale.

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