(L’art française de la guerre, 2011)
Alexis Jenni
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So bene che una metafora organica della società è una metafora fascista; ma i problemi che abbiamo possono essere descritti in maniera fascista. Abbiamo problemi di ordine, di sangue, di suolo, problemi di violenza, problemi di potenza e di uso della forza.
Dopo il premio Goncourt 2006 a un lungo romanzo di guerra (Le benevole di Jonathan Littell), la giuria del maggiore premio letterario francese si ripete nel 2011 con questo romanzo dell’esordiente Alexis Jenni, un viaggio attraverso vent’anni ininterrotti di guerre, dalla resistenza contro il nazismo all’indipendenza dell’Indocina, per finire con l’interminabile battaglia di Algeri: una cronaca romanzata della decolonizzazione.
Punto d’arrivo è la violenza endemica con cui oggi nelle periferie urbane si riduce a un problema di ordine pubblico la questione dei francesi d’origine coloniale, e che per l’autore ha le sue radici nella resistenza alla perdita delle colonie:
Continua a leggere “L’arte francese della guerra”Vent’anni, le guerre si succedevano, e ciascuna lavava con un colpo di spugna la precedente, gli assassini di una sparivano nella seguente. Perché ne produceva di assassini, ciascuna guerra, a partire da gente che non avrebbe picchiato il proprio cane, che nemmeno sognava di combattere, ai quasi si consegnava una moltitudine di uomini legati e nudi, li si faceva regnare su greggi di uomini mutilati dalla colonizzazione, masse di cui neppure si conosceva il numero, della quale era necessario abbattere una parte per salvare il resto, come si fa con le bestie per prevenire l’afta epizootica.