James G. Ballard


Lo scrittore britannico James Graham Ballard (1930-2009) esordisce nel 1956 come autore di fantascienza, e tale rimane fino alla pubblicazione di La mostra delle atrocità. Malgrado abbia pubblicato negli anni Sessanta una tetralogia di romanzi in cui immagina che la fine della civiltà umana provenga ogni volta da uno dei quattro elementi delle cosmogonie classiche, ha espresso il meglio della propria scrittura nei racconti: è infatti nelle storie di lunghezza limitata che trova il compimento più esemplare la sua poetica dell’inner space, dello spazio interiore, come ambito di indagine letteraria in opposizione all’outer space, lo spazio esterno al sistema solare che era invece lo scenario preferito della fantascienza dell’epoca.

Al centro della sua opera c’è l’impatto del futuro sull’uomo, il lato oscuro del sense of wonder: non per nulla i suoi paesaggi alieni sono debitori, con le loro geometrie di ombre nette nella luce solare, angoli retti, forme stampate sullo sfondo orizzontale di uno scenario desolato, del surrealismo di De Chirico.

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I segreti di Vermilion Sands

(Vermilion Sands, 1971)

James G. Ballard

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La copertina della prima edizione originale

Vermilion Sands è una immaginaria località di riviera che si trova da qualche parte “tra l’Arizona e la spiaggia di Ipanema”, come scrive Ballard stesso nella prefazione all’edizione in volume 1971, “ma in questi ultimi anni mi sono compiaciuto di vederla spuntare un po’ dovunque, e soprattutto in qualche settore della città lineare, lunga cinquemila chilometri, che si stende da Gibilterra alla spiaggia di Glyfada lungo le coste settentrionali del Mediterraneo.” Vermilion Sands è la località utopica ideale di un’umanità futura che Ballard immagina sdraiata al sole, una società del tempo libero perché affrancata dalla schiavitù del lavoro imposta della modernità. È questa la ragione per cui le arti hanno tanta importanza nella trama dei racconti.

I nove racconti di Vermilion Sands sono storie di grande bellezza, il tentativo di creare un mito letterario intorno a questa immaginaria città di un immaginario futuro, tutt’altro che distopico, nel quale le arti, da sempre figlie di un dio minore nella letteratura di fantascienza, hanno un’importanza fondamentale. Le storie sono pubblicate in originale in un arco di tempo che va dal 1956 (Prima Belladonna) al 1970 (Addio al vento), ma possiedono un nucleo estetico unitario molto compatto. La struttura dei singoli racconti si ripete all’interno di uno schema preciso: il narratore/punto-di-vista è un uomo, di solito attirato a Vermilion Sands dal milieu artistico che gravita intorno a questa città artificiale; la protagonista invece è sempre una donna, una figura femminile dalla psicologia inaccessibile (riflesso narrativo dal peculiare rapporto dell’autore, rimasto vedovo ancora giovane, con le donne, che ama come se fossero esseri alieni).

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Feríta. Giovanna d’Arco, anno 1971

(2022)

Sergej Roić

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Come nel precedente libro Solaris, parte seconda (2020), l’autore svizzero d’origine croata Sergej Roić, che scrive in italiano, si confronta con la fantascienza, almeno apparentemente. La forma narrativa scelta è infatti un tópos di genere fantascientifico, divenuto nel tempo un vero e proprio sottogenere: l’allostoria o storia alternativa, o ancora, come si dice tra appassionati con un neologismo d’origine greca, ucronia. L’ipotesi alla base di questi romanzi è che la Storia abbia seguito una via alternativa a partire da un determinato momento nel passato, e ciò serve a raccontare un presente appunto alternativo al nostro: una metafora esplicita che gioca con elementi della politica, della scienza, dello sviluppo umano per dire qualcosa del nostro mondo.

Classici esempi di storia alternativa sono il trionfo finale di Napoleone Bonaparte (Napoléon et la conquête du monde, 1836,di Charles Renouvier) o la vittoria dell’Asse nella Seconda guerra mondiale (The man in the high castle, 1962, di Philip Dick). Il sito web (in inglese) Uchronia – the Alternate History List, raccoglie migliaia di titoli catalogati da diverse lingue e da quasi tutte le letterature mondiali, che raccontano di un’enorme variabilità di situazioni, a partire da “punti di divergenza” lontanissimi nel passato: fino a quattro miliardi e mezzo di anni fa.

Il romanzo di Roić si inserisce idealmente in questo filone; l’ambientazione ucronica però non è richiamata per una speculazione sulla storia, bensì per creare uno scenario nel quale “l’immaginazione è andata al potere”, come recitava uno degli slogan del maggio francese. La storia insiste piuttosto sul rapporto tra linguaggio e immagine, tra parola e mente umana.

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Jeff Noon


Jeff Noon (1957- ) dopo gli studi all’Università di Manchester, muove i primi passi nella scena punk inglese e nelle arti visive, prima di scrivere commedie teatrali. Dietro suggerimento di un amico inizia a lavorare su quello che diventerà il suo esordio Le piume di Vurt, primo capitolo di una quadrilogia fantascientifica comprendente anche Polline, Alice nel paese dei numeri (ideale seguito del capolavoro di Lewis Carroll) e Nymphomation.

Le sue opere sfuggono a semplicistiche etichette di genere e si collocano, a detta dello stesso autore, in un territorio post-pulp e Avantpop.

(biografia tratta da Wikipedia edizione italiana)

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Solaris parte seconda

(2020)

Sergej Roić

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Fotogramma dal film “Solaris” (1972) di Andrej Tarkovskij, tratto dal romanzo di Lem

Che cosa sappiamo di una storia che credevamo conclusa e che, invece, continua? Che cosa ne è stato del gigantesco cervello “a forma di oceano”, forse un dio, di Stanisław Lem, che sul finire del romanzo del grande scrittore polacco faceva impazzire gli astronauti che lo avevano avvicinato?

Il romanzo dello scrittore svizzero Sergej Roić apparentemente è un sequel di Solaris, il romanzo del 1961 di Stanisław Lem, tra le opere di fantascienza più lette, conosciute e apprezzate di tutti i tempi. Tuttavia, si legge in quarta di copertina dell’edizione Mimesis:

Il lettore che si aspettasse un sequel andrebbe incontro a una delusione — o magari a un sollievo, dal momento che la conclusione della vicenda non potrebbe essere più perfetta del finale di Solaris. E come, dove, perché costruire dunque una “parte seconda”? La via scelta da Sergej Roić, giornalista e scrittore svizzero di origine croata e di lingua italiana, è quella del meta-testo, forse l’unica percorribile.

La vicenda inizia ai giorni nostri. Un narratore anonimo, che il lettore potrebbe identificare con Roić stesso, arriva dalla Svizzera a Milano per parlare con l’editore che pubblicherà un suo romanzo. Alla stazione centrale di Milano fa casualmente conoscenza con una ragazza dai capelli rossi, Luisa, come lui bloccata da uno sciopero dei servizi pubblici. Luisa è un’appassionata lettrice di Stanisław Lem: lui confessa di avere letto soltanto Solaris, del quale ha un ricordo lontano e impreciso. Lei sostiene che esiste un sequel del romanzo, una seconda parte: glielo ha rivelato suo nonno Werner Traumlöwe, che vive a Venezia. È lì che si sta recando.

Invece di raggiungere la casa editrice, il narratore decide d’impulso di accompagnare Luisa in treno fino a Venezia. Nella città lagunare, tutto si complica improvvisamente.

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Antoine Volodine e il post-esotismo


Il caso dello scrittore francese Antoine Volodine (1950- ) e del post-esotismo, la corrente letteraria da lui fondata, è tra i più singolari nel panorama postmoderno. Sulla scia di Fernando Pessoa, ma solo fino a un certo punto, l’autore francese di origine russa ha creato una autentica selva di eteronimi, riassunti nel romanzo Scrittori (2010): nomi e biografie inventate, come in La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño, benché quattro di questi “scrittori” inventati risultino a loro volta autori a tutti gli effetti, con tanto di bibliografia pubblicata in Francia e tradotta anche all’estero. Il principale di questi eteronimi «in guerra contro l’universo capitalista e le sue innumerevoli ignominie» è Antoine Volodine stesso, che ha al suo attivo oltre venti titoli tra il 1985 e il 2023; le pubblicazioni a suo nome si intersecano con una serie di titoli apparsi sotto altri tre eteronimi: Elli Kronauer (cinque titoli apparsi in due anni, tra il ’99 e il 2001), Manuela Draeger (quattordici titoli, ancora “in attività”), Lutz Bassmann con cinque titoli e, più recente di tutti, Infernus Johannes con un titolo: in totale, quasi 50 pubblicazioni in 35 anni, tutte ascrivibili a Volodine stesso.

Finora sono stati tradotti in Italia sei titoli con il nome Volodine e uno come Manuela Draeger.

Il narratore tenta di scomparire. Si nasconde, delega la propria funzione e la propria voce a uomini di paglia, a eteronimi che farà esistere pubblicamente in sua vece. Uno scrittore di paglia firma i romånça, un narratore di paglia orchestra la finzione narrativa, integrandosi al suo interno.

Antoine Volodine, Scrittori
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Le infernali macchine del desiderio del dottor Hoffman

(The infernal desire machines of Doctor Hoffman, 1972)

Angela Carter

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copertina dell’ed. Penguin Books

Giunto in età avanzata Desiderio, ex segretario del ministro della Determinazione di un indeterminato paese dell’America Latina, racconta del tempo in cui la città capitale fu investita dall’offensiva del malvagio dottor Hoffman, che portò lutti e dolore, ma gli permise anche di conoscere il uso grande amore: Albertina, la figlia del dottore.

I giganteschi generatori del dottor Hoffman sprigionavano una serie di vibrazioni sismiche che provocavano grandi fratture nella superficie — fino a quel momento immutabile — dell’equazione fra tempo e spazio che avevamo formulato in modo empirico per realizzare la nostra città e da queste fratture, ebbene… nessuno sapeva cosa sarebbe uscito la volta successiva.

La percezione della realtà per gli abitanti si fa più indistinta: cominciano a confondere sogni, desideri e fatti reali. Molti impazziscono, messi di fronte ai propri desideri e fantasie più segreti. La resistenza a Hoffman è organizzata dal ministro della Determinazione, per questo Desiderio si trova in prima fila nella guerra: sia lui che il ministro sembrano infatti immuni la bombardamento psichico.

In un tentativo di mediazione, i due incontrano un ambasciatore del dottore. Desiderio rimane profondamente colpito dal suo aspetto. Quasi contemporaneamente sogna una donna di nome Albertina, e intuisce che l’ambasciatore era in realtà una donna, la figlia del dottor Hoffman e sua più stretta collaboratrice.

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Kurt Vonnegut


Kurt Vonnegut (1922-2007), nato negli USA da una famiglia di immigrati tedeschi, è stato autore di testi teatrali, saggi e articoli, scritti autobiografici, e ha firmato una ricca e originale produzione di romanzi e racconti di successo. Testimone nel febbraio 1945, mentre era prigioniero di guerra, della distruzione della città Dresda da parte dell’aviazione alleata, ha tratto da questa esperienza quella propensione per il paradosso, per l’humour nero e per lo scetticismo che caratterizza tutta la sua ricca e originale produzione. Esordì con il romanzo Player piano (1952;

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Ghiaccio Nove

(Cat’s cradle, 1963)

Kurt Vonnegut

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Vonnegut all’università dello Iowa, 1965

Il titolo inglese del romanzo allude al “gioco della matassa”, che in italiano si chiama anche ripiglino; tradizionalmente femminile, a due o più partecipanti, consiste nel formare figure mediante l’intreccio di un lungo filo tenuto teso tra le dita di due mani: il riferimento è all’incessante movimento della linea narrativa che riprende nel corso di tutta la narrazione i medesimi argomenti.

Il protagonista, Jonah, che si dichiara adepto del profeta Bokonon, predicatore di una nuova religione, decide di scrivere un libro dal titolo Il giorno in cui il mondo finì; il suo intento è riportare testimonianze su cosa stessero facendo una serie di persone intervistate, il giorno in cui seppero del lancio dell’atomica su Hiroshima, il 6 agosto 1945.

In modo piuttosto naturale, le sue ricerche partono da uno dei padri della bomba, il defunto premio Nobel Felix Hoenikker; decide di intervistare i suoi tre figli, Franklin, Angela e Newton, e il supervisore del progetto, Asa Breed. Dalle interviste scaturisce anche l’idea di una bizzarra invenzione conseguita da Hoenikker dopo la bomba atomica. Per rispondere alla richieste di un generale di evitare il disagio del fango, che spesso impaccia l’operatività in azione dei marines, Hoenikker inventò un composto chimico che solidifica l’acqua contenuta nel fango: il ghaccio-nove, che eleva la temperatura di fusione a 45,5°. Un effetto collaterale indesiderato è l’immediata propagazione del fenomeno a tutta l’acqua che si trova a contatto con quella solidificata e, per assurdo, all’intera acqua del pianeta.

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Joanna Russ

Joanna Russ nasce nel 1937 nel Bronx, a New York. La madre Bertha Zimmer, di origine ebraica, coltiva un’attenzione particolare per le forme dell’espressione artistica. Joanna ha le idee molto chiare sul suo futuro fin da bambina: inventare storie e metterle per iscritto in forme diverse (racconti, poesie, vignette e disegni) è una attività compulsiva che la rende felice più di qualunque altro gioco.

Studentessa alla Cornell University in un momento storico di turbolenta vitalità politica e culturale, conosce e frequenta intellettuali di spicco dell’epoca e si trova a studiare fianco a fianco con Vladimir Nabokov. Si sposta poi alla Yale Drama School, dove si laurea nel 1960. Si sposa subito, rendendosi conto subito, con lucida rapidità, del carattere avventato della sua decisione. Di qui in avanti, Russ coltiverà la sua vita professionale procedendo in autonomia rispetto a ogni affetto codificato.

Joanna Russ pubblica il suo primo racconto fantascientifico nel 1959; è molto giovane e non ha ancora completato gli studi presso la Yale Drama School. Negli anni Sessanta, in seguito alla pubblicazione del fortunato Picnic on Paradise (1968), il suo nome diventa una presenza familiare e molto dibattuta nel mondo della fantascienza, dove presto la sua presa di posizione rigorosamente femminista diventa un riferimento cardinale nella American New Wave della fantascienza.

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