(Ficciones, 1944)
Jorge Luis Borges
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Questa raccolta di racconti, soprattutto la prima parte che risale al 1941, è tra gli esempi più classici di letteratura postmoderna. La “voce” erudita, intellettuale, con un chiaro tono accademico di Borges è inseparabile, nella sensibilità dei lettori, dall’idea stessa di metanarrativa. Scrive Cesco Vian in Invito alla letteratura di Borges: «Qui è la prima radice concettuale ed estetica di tutti i racconti borgesiani che, essendo essenzialmente metafore o parabole si fondano su un numero limitato di simboli: il labirinto, la biblioteca, le rovine circolari, gli specchi, le tigri…». Suggestivo è questo passaggio di Domenico Porzio[1], dall’Introduzione all’edizione:
Continua a leggere “Finzioni”Una febbrile concatenazione di notti arabe, di sogni scespiriani e cervantini, di fervori gauceschi, di perplessità filosofiche, di meditazioni sul tempo, sulla storia, sui miti, sugli specchi, su scritture sacre e profane, sull’illusorio ieri, sui ricorsi ciclici, sull’epica, sulla felicità che è fine a se stessa, sull’infinito, sull’immortalità, sull’eternità, sui labirinti, su magici o mostruosi animali, su enciclopedie, sula cabale, costruisce l’indelebile monumento. L’occidente e l’oriente (le loro infinite biblioteche) sono i due crepuscoli che illuminano e disegnano i pezzi dell’emozionante scacchiera, sulla quale è impressa l’insegna araldica della tigre.