(Cat’s cradle, 1963)
Kurt Vonnegut
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Il titolo inglese del romanzo allude al “gioco della matassa”, che in italiano si chiama anche ripiglino; tradizionalmente femminile, a due o più partecipanti, consiste nel formare figure mediante l’intreccio di un lungo filo tenuto teso tra le dita di due mani: il riferimento è all’incessante movimento della linea narrativa che riprende nel corso di tutta la narrazione i medesimi argomenti.
Il protagonista, Jonah, che si dichiara adepto del profeta Bokonon, predicatore di una nuova religione, decide di scrivere un libro dal titolo Il giorno in cui il mondo finì; il suo intento è riportare testimonianze su cosa stessero facendo una serie di persone intervistate, il giorno in cui seppero del lancio dell’atomica su Hiroshima, il 6 agosto 1945.
In modo piuttosto naturale, le sue ricerche partono da uno dei padri della bomba, il defunto premio Nobel Felix Hoenikker; decide di intervistare i suoi tre figli, Franklin, Angela e Newton, e il supervisore del progetto, Asa Breed. Dalle interviste scaturisce anche l’idea di una bizzarra invenzione conseguita da Hoenikker dopo la bomba atomica. Per rispondere alla richieste di un generale di evitare il disagio del fango, che spesso impaccia l’operatività in azione dei marines, Hoenikker inventò un composto chimico che solidifica l’acqua contenuta nel fango: il ghaccio-nove, che eleva la temperatura di fusione a 45,5°. Un effetto collaterale indesiderato è l’immediata propagazione del fenomeno a tutta l’acqua che si trova a contatto con quella solidificata e, per assurdo, all’intera acqua del pianeta.
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